2)Trattamento dell’ernia discale lombare
E’ indispensabile chiarire fin da subito alcuni concetti che ritengo basilari: quando parliamo genericamente di ernia del disco facciamo riferimento a varie situazioni patologiche del disco, ognuna delle quali richiede un approccio diverso e un diverso tipo di trattamento. In altre parole la pratica clinica ci mette di fronte quotidianamente ernie discali che non hanno necessità di trattamento chirurgico, altre che possono essere gestite con una saggia terapia antalgica, alcune si avvantaggiano delle terapie mininvasive, mentre solo una minima parte necessitano di un trattamento chirurgico cosiddetto “maggiore”. In realtà la maggior parte delle ernie discali guariscono spontaneamente, magari con l’aiuto della terapia farmacologica ma soprattutto curando la postura di una colonna che si muove male nello spazio mediante un approccio fisioterapico di alta qualità. I fattori che orientano la scelta verso una terapia conservativa o verso un tipo di trattamento “invasivo” sono i seguenti: l’entità della sintomatologia soggettiva, il livello di compromissione neurologica (danno motorio e sensitivo, evidenziato mediante l’elettromiografia), l’evidenza radiologica (Risonanza Magnetica Nucleare o TAC, in alcuni casi supportate da esami dinamici). L’aumento dell’età media della popolazione ci costringe a considerare anche questo fattore. Sulla base di questi parametri, che orientano le nostre decisioni terapeutiche, è possibile indirizzarci verso l’una o l’altra tecnica, oppure assumere un atteggiamento di sorveglianza neurologica. E’ importante pertanto eseguire un’attento esame clinico, una corretto e aggiornato inquadramento diagnostico, e solo alla fine prendere la decisione chirurgica più appropriata al singolo caso. Aggiungerei, prima di passare alla descrizione degli interventi, quello che secondo me è il concetto più importante: la colonna malata và curata con costanza e continuità, l’ernia discale è sempre il risultato di una colonna vertebrale che funziona male nel suo complesso e come tale va interpretata e trattata, per evitare fallimenti o successi solo temporanei.
a)Nucleoplastica in coblazione lombare e cervicale: è una metodica percutanea che viene seguita con una sonda che produce nel disco una coagulazione (il termine esatto è coblazione) che contribuisce a diminuire la pressione intradiscale mediante radiofrequenza a 42°, in alcuni casi può essere associata una piccola asportazione di tessuto discale con micropinze: viene eseguita in sala operatoria, in posizione prona, sotto controllo radioscopico e con anestesia locale eventualmente con blanda sedazione. L’intervento dura circa 10’, il paziente viene mobilizzato dopo due ore con bustino lombare o collare cervicale che andrà mantenuto durante la stazione eretta per circa 20 giorni; successivamente verrà impostato il programma di assistenza fisioterapica più idoneo per il singolo caso. Questo tipo di intervento, che produce un rimodellamento discale e non è quindi demolitivo, trova indicazione nelle ernie contenute paramediane, intra- e extraforaminali, risulta meno efficace nelle ernie associate a gravi degenerazioni discali. E’ da riservare ai casi in cui la sintomatologia dolorosa prevale su quella deficitaria neurologica (disturbi gravi delle sensibilità o della componente motoria), sebbene possa essere utilizzata laddove l’età o l’impossibilità di eseguire interventi maggiori sconsigliano la chirurgia “open”. Il trattamento di nucleoplastica a livello cervicale come unica differenza comporta una sedazione profonda di circa 5’ e viene eseguito nelle ernie contenute senza grossolano impegno neurologico.
b)Discolisi con Laser: è una metodica percutanea che viene eseguita con gli stessi tempi e decorso e della nucleoplastica, con la differenza che il Laser produce una “bruciatura” del tessuto discale a oltre 90° e quindi una lacuna nel disco di maggiori dimensioni: è riservata alle ernie contenute di maggiori dimensioni, mediane-paramediane intra- ed extraforaminali, risulta meno efficace nelle ernie associate a gravi degenerazioni discali, per il resto le indicazioni sono sovrapponibili alle tecniche sopradescritte.
c)Decompressor: è una metodica che produce un’asportazione meccanica di piccole quantità di tessuto discale mediante l’azione rotatoria di un piccolo “frullino”: ovviamente è un concetto completamente diverso dalla piccola lacuna prodotta dalla nucleo plastica o dal laser, e trova indicazione nelle ernie con disco estremamente rigonfio, che possono avvantaggiarsi maggiormente dall’asportazione di una superiore quantità di tessuto discale, per il resto le indicazioni, il decorso e i successivi trattamenti fisioterapici sono sovrapponibili alle tecniche sopradescritte.
d)Asportazione endoscopica: al momento rappresenta il “top” del mininvasivo per l’asportazione delle ernie discali. E’ una metodica che viene in sala operatoria, con il paziente in decubito laterale dopo l’esecuzione di una anestesia spinale che garantisce l’addormentamento della parte per tutta la durata dell’intervento, con la possibilità di parlare con il paziente e valutare sotto comando la funzione motoria durante tutto l’intervento. L’accesso è di 5 mm, e comporta l’accesso laterale al disco e l’asportazione del tessuto erniato sotto controllo endoscopico: l’intervento termina quando è possibile constatare la completa decompressione della radice che ricomincia a pulsare. Il Paziente viene mobilizzato dopo 6 ore e dimesso il giorno successivo con corsetto lombare.
E’ riservato alle ernia intra-extraforaminali, anche se in alcuni casi è possibile asportare persino frammenti espulsi, non produce esiti cicatriziali e trova indicazione elettiva nei pazienti che non possono subire interventi chirurgici in anestesia generale, qualunque sia lo stato di compromissione neurologica, sebbene a mio parere possa rappresentare una valida alternativa all’intervento microchirurgico classico in molti casi. Il decorso post-operatorio è sostanzialmente sovrapponibile a quello degli interventi sopradescritti.
e)IDET (IntraDiscalElecrothermalTeraphy): è un trattamento percutaneo che viene eseguito mediante una sonda che segue il contorno posteriore del disco e neutralizza le terminazioni nervose posteriori dell’annulus discale mediante RadioFrequenza. Viene eseguito in sala operatoria, sotto controllo fluoroscopio e in anestesia locale, e trova indicazione nelle sintomatologia lombalgica di evidente derivazione discogenica, in altre parole da infiammazione prevalente del disco, quando questa viene dimostrata dai test provocativi o possono essere escluse le cause di origine articolare o l’instabilità